San Lupo, 10 gennaio 2011. E' necessario ricominciare da capo le azioni umanitarie a tutela dei rifugiati eritrei che vivono a San Lupo (Benevento), 22 persone di cui si è già occupato il Gruppo EveryOne insieme ad altre Ong.

Alla rete formata da EveryOne, NoirPink, Agenzia Habeshia, Watching The Sky, Sindacato Europeo dei Lavoratori si è aggiunto il Gruppo Facebook "Per la liberazione dei prigionieri nel Sinai" che, con 5000 iscritti, tutti animati dalla volontà di cambiare le cose, di uscire da questo circolo vizioso di mancata accoglienza, mancata integrazione, mancato rispetto degli accordi sottoscritti con l'Unione europea, mette a disposizione della difficile campagna (difficile perché chi avrebbe il dovere di attuare i programmi di integrazione è maestro nell'arte di fare orecchie da mercante) le sue energie, il suo impegno, le sue idee: elementi che alla fine faranno la differenza e che crescono ogni giorno.
Un riassunto. Gli eritrei a San Lupo fanno parte di un programma di integrazione e accoglienza finanziato con fondi Ue. La formazione, che avrebbe dovuto iniziare da molto tempo, avrebbe consentito loro di accedere al mondo professionale e all'inserimento nella comunità italiana. Il 25 settembre 2010 la rete a sostegno dei rifugiati di san Lupo ha inviato una lettera all'attenzione urgente di:
Irma De Angelis, Sindaco di San Lupo (Benevento);
Roberto Maroni, ministro dell'Interno italiano;
Thomas Hammarberg, Commissario per i Diritti Umani presso il Consiglio d'Europa;
Jorge Bustamante, Special Rapporteur ONU sui Diritti dei Migranti
António Guterres, Alto Commissario ONU per i Rifugiati;
Navi Pillay, Alto Commissario ONU per i Diritti Umani.
Il pool di organizzazioni che si impegnano per i diritti dei migranti ha chiesto a tali interlocutori di intervenire secondo le loro funzioni, perché "i rifugiati eritrei reinsediati nel Comune di San Lupo (Benevento) versano in difficili condizioni sociali e umanitarie, mentre non prende il via il progetto di inserimento socio-lavorativo che li riguarda. Soffrono disagi tanto gravi che da tre giorni hanno intrapreso uno sciopero della fame finalizzato al rispetto delle promesse di accoglienza. I profughi lamentano:
- il mancato avvio dei corsi professionali previsti dal piano di accoglienza;
- la mancata erogazione dei contributi sociali necessari al loro sostentamento e previsti dalle normative;
- l'interruzione del dialogo da parte delle autorità, necessario per evitare una condizione di indigenza ed esclusione sociale grave e senza uscita;
- la ventilata possibilità di sottoporre i profughi a controlli e operazioni di sicurezza, negando il loro status legale di persone necessitanti di
protezione umanitaria (con bambini e malati) e trasformandoli ingiustamente in un problema di ordine pubblico, rischiando divisioni
inopportune, anche agli occhi della cittadinanza.
Chiediamo innanzitutto che si riprenda un dialogo sereno e ispirato ai valori umanitari e antirazzisti e contemporaneamente si trovi la maniera di utilizzare gli ingenti fondi previsti (e in parte già erogati) nell'àmbito del Patto Europeo per l’Immigrazione e l’asilo al fine di mantenere gli impegni assunti.
E' inoltre importante che il ministero dell'Interno italiano, il Consiglio d'Europa (cui fa capo il Patto europeo sull'immigrazione e l'asilo) e l'Alto Commissario ONU per i Rifugiati verifichino insieme le ragioni dell'inefficacia del sistema di accoglienza in questo paese. Ecco perché, accanto ai rifugiati di San Lupo, rivolgiamo alle autorità summenzionate un accorato appello affinché si trovi urgentemente una risposta umanitaria finalmente efficace e in linea con gli obiettivi finanziati ben adeguatamente dal Patto Europeo per l’Immigrazione e l’asilo".
A fronte di un finanziamento record di oltre 2 milioni di euro, il Comune di San Lupo e i suoi partner umanitari avrebbero dovuto erogare in 2 anni ai rifugiati:
1) Il corso biennale di formazione
2) Sostentamento e assistenza
3) Una base economica per costruirsi stabilità in previsione dell'avvenuta formazione
4) Ospitalità
5) Un progetto imprenditoriale in cui collocare gli adulti in grado di lavorare.
Nonostante la somma di 100 mila euro pro capite fosse sufficiente per programmi ambiziosi di integrazione,con soluzioni definitive abitazione/professione, fino a a oggi, anche dopo il nostro primo intervento (sui media e con le autorità locali, così come verso i partner di assistenza del Comune), a distanza di quattro mesi il gruppo, 22 persone di cui 4 bambini, 6 donne e 12 uomini, si trova nelle seguenti condizioni:
1) Non hanno ricevuto il dovuto sostentamento economico orientato alla loro stabilità e all'integrazione
2) Le condizioni igieniche non sono dignitose (hanno problemi a lavarsi, a lavar i vestiti, a curare i bambini)
3) Non posseggono abbigliamento idoneo all'inverno e non tutti i locali sono adeguatamente riscaldati
4) Il cibo della mensa è povero
5) Non hanno mai potuto partecipare al corso. Si svegliano, aspettano, mangiano, aspettano, e vanno a dormire.
6) Nessun progetto definitivo di abitazione/lavoro è in corso a San Lupo, a discapito dell'enorme somma investita dal Patto europeo.
I rifugiati sono abbandonati a loro stessi. Più che un'ospitalità è una vera e propria prigione, poiché non hanno risorse per poter cercare vie alternative o lavoro o amici. Una prigione civile che crea e precede la loro imminente condizione di miseria - al termine dei due anni di "progettualità" - e il rischio di finire in mano a organizzazioni poco raccomandabili, di aggressioni, di problemi con le autorità per non avere una fissa dimora né un lavoro, di una precarietà insanabile: realtà inevitabili al termine del periodo concordato con il Patto europeo se non si interviene.
Nella foto, Jorge Bustamante, Special Rapporteur ONU sui Diritti dei Migranti
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